Riforma dell’imposta di bollo sulle polizze vita: la guida dell’Agenzia alle novità 2025

Con una nuova circolare, l’Agenzia delle entrate si focalizza sulle modifiche introdotte dalla Legge di bilancio 2025 in materia di imposta di bollo sulle comunicazioni relative ai contratti di assicurazione sulla vita (Agenzia delle entrate, circolare 4 giugno 2025, n. 7).

L’articolo 1, commi 87 e 88, della Legge n. 207/2024 (Legge di bilancio 2025) interviene sui termini di versamento dell’imposta di bollo dovuta dalle imprese di assicurazione sulle comunicazioni inviate alla clientela relativamente ai prodotti assicurativi a contenuto finanziario.

 

Le modifiche riguardano principalmente due aspetti fondamentali:

  • il versamento annuale dell’imposta di bollo a partire dal 2025;

  • un piano di rateazione per l’imposta di bollo accantonata fino al 2024.

Il comma 87, in particolare, modifica l’applicazione e i termini di versamento dell’imposta di bollo dovuta sulle comunicazioni relative ai contratti sulla vita. Nello specifico, si tratta delle polizze di assicurazione e delle operazioni dei rami vita III e V, come definiti dall’articolo 2, comma 1, del codice delle assicurazioni private.
A decorrere dal 2025, l’imposta di bollo è dovuta annualmente. L’importo corrispondente deve essere versato ogni anno dalle imprese di assicurazione con le modalità ordinarie previste dall’articolo 4 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 maggio 2012.
Il versamento deve avvenire in modalità virtuale, mediante il modello F24. L’acconto, pari al 100% dell’imposta provvisoriamente liquidata, deve essere versato entro il 16 aprile di ciascun anno. È ammissibile l’utilizzo in compensazione orizzontale di crediti relativi ad altri tributi.
L’ammontare corrispondente all’imposta di bollo versato annualmente dall’impresa di assicurazione viene computato in diminuzione della prestazione erogata alla scadenza o al riscatto della polizza.

L’articolo 1, comma 88, della Legge di bilancio 2025, stabilisce le modalità di versamento dell’imposta di bollo relativa agli anni precedenti (fino al 2024) per i contratti di assicurazione sulla vita in corso al 1° gennaio 2025.

L’ammontare corrispondente all’importo complessivo dell’imposta di bollo dovuta, calcolata per ciascun anno fino al 31 dicembre 2024, deve essere versata in base alle seguenti quote e scadenze:

  • il 50% entro il 30 giugno 2025;
  • il 20% entro il 30 giugno 2026;
  • il 20% entro il 30 giugno 2027;
  • il 10% entro il 30 giugno 2028.

Anche per l’imposta di bollo versata secondo questo piano di rateazione, l’ammontare corrispondente è computato in diminuzione della prestazione erogata alla scadenza o al riscatto della polizza. In caso di scadenza o riscatto (parziale o integrale) della polizza prima del 30 giugno 2028, l’impresa di assicurazione computa l’ammontare corrispondente all’imposta di bollo dovuta secondo il piano rateale in diminuzione della prestazione, ancorché non ancora versato all’erario. Per l’imposta dovuta annualmente a partire dal 2025 su queste stesse polizze, il versamento avviene con le modalità previste dal comma 87.

Le disposizioni dei commi 87 e 88 si applicano anche alle comunicazioni relative a polizze emesse da imprese di assicurazioni estere operanti in Italia in regime di libertà di prestazione di servizi e stipulate da soggetti residenti nello Stato.

Versamento da parte dell’impresa estera

L’imposta di bollo, sia quella corrente (annuale dal 2025) sia quella accantonata (fino al 2024), è assolta dall’impresa estera direttamente in Italia. Questo può avvenire anche tramite un rappresentante fiscale che risponde in solido per il versamento. Condizione necessaria è che l’impresa estera richieda l’autorizzazione per il pagamento virtuale dell’imposta di bollo e abbia esercitato la facoltà prevista dall’articolo 26-ter, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973.

Qualora le imprese di assicurazione estere operanti in Italia in regime di libertà di prestazione di servizi non esercitino l’opzione di cui al citato articolo 26-ter e non richiedano l’autorizzazione al pagamento dell’imposta di bollo in modo virtuale:

– se le polizze sono oggetto di un contratto di amministrazione con una società fiduciaria residente o sono custodite, amministrate o gestite da intermediari residenti, l’imposta di bollo in commento è comunque dovuta e deve continuare a essere corrisposta dalla società fiduciaria o dall’intermediario residente con le modalità previste dall’articolo 3, comma 7, del D.M. 24 maggio 2012;

– se le polizze non sono oggetto di contratti di amministrazione con una fiduciaria residente o con altri intermediari residenti, è dovuta l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE), in quanto tali polizze si considerano detenute all’estero.

Interazione con l’Imposta di bollo speciale annuale sulle attività oggetto di emersione
Le attività finanziarie oggetto di “scudo fiscale” (emersione) sono soggette a un’imposta di bollo speciale annuale del 4 per mille (salvo aliquote diverse per il 2012 e 2013). Questa imposta speciale annuale deve essere determinata “al netto dell’eventuale imposta di bollo pagata ai sensi dei commi 2-bis e 2-ter dell’articolo 13 della tariffa allegata al DPR n. 642 del 1972”.
Dal 2025 in poi: l’imposta di bollo speciale annuale deve essere determinata al netto dell’imposta di bollo sulle comunicazioni relative ai contratti di assicurazione sulla vita dovuta annualmente dall’impresa di assicurazioni ai sensi del comma 87.

Le imprese di assicurazioni devono comunicare all’intermediario residente l’imposta di bollo dovuta anno per anno per consentirne lo scomputo.
Invece, l’imposta di bollo speciale annuale dovuta fino al 31 dicembre 2024 può essere scomputata dall’imposta di bollo sulle comunicazioni accantonata per ciascun anno fino al 31 dicembre 2024.

Imposta sui Servizi Digitali: disciplina, soggetti e base imponibile

L’Agenzia delle entrate ha analizzato il tema dell’Imposta sui Servizi Digitali (ISD), introdotta dalla Legge di bilancio 2019 e modificata nel 2020, chiarendo l’ambito di applicazione, la definizione di servizio digitale rilevante, la determinazione della base imponibile e l’applicazione specifica al settore dei giochi e delle scommesse online (Agenzia delle entrate , principio di diritto 3 maggio 2025, n. 6).

L’Imposta sui Servizi Digitali (ISD) è stata introdotta dall’articolo 1, commi da 35 a 50, della Legge n. 145/2018 (Legge di bilancio 2019), e successivamente modificata dalla Legge n. 160/2019 (Legge di bilancio 2020)2.

Le sue modalità applicative sono state ulteriormente definite dal provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 15 gennaio 2021 e dalla circolare 23 marzo 2021 n. 3/E.

 

Ambito di applicazione e requisiti per essere soggetto passivo
L’ambito soggettivo dell’ISD è definito da un duplice criterio: lo svolgimento di attività d’impresa e il contemporaneo superamento di due soglie dimensionali nell’anno antecedente a quello di applicazione dell’imposta.
La “prima soglia” riguarda l’ammontare dei ricavi di qualsiasi natura realizzati ovunque.
La “seconda soglia” riguarda i soli ricavi percepiti a fronte di servizi digitali realizzati nel territorio dello Stato (non superiori a 5,5 milioni di euro). Per verificare il superamento della seconda soglia, l’impresa deve applicare le stesse regole utilizzate per il calcolo della base imponibile.
La qualificazione di un servizio come digitale è rilevante sia per verificare il superamento della seconda soglia (nell’anno n-1) che per determinare la base imponibile (nell’anno n).

 

Servizi digitali rilevanti e definizione di interfaccia digitale multilaterale
La lettera b) del comma 37 dell’articolo 1 della Legge di bilancio 2019 configura come servizio digitale la “messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi”.
Il provvedimento del 15 gennaio 2021 definisce l’interfaccia digitale come “qualsiasi software, compresi i siti web o parte di essi e le applicazioni, anche mobili, accessibili agli utenti attraverso cui sono prestati i servizi digitali dai soggetti passivi dell’imposta”.
Un’interfaccia digitale è considerata “multilaterale” quando permette agli utenti di essere in contatto e interagire tra loro, anche per facilitare la fornitura diretta di beni e servizi.

 

Determinazione della base imponibile e ricavi imponibili
Una volta identificato un soggetto passivo, la base imponibile è costituita dai ricavi derivanti dai servizi digitali individuati dal comma 37, articolo 1, della Legge di bilancio 2019.
Il paragrafo 1, lettera i) del provvedimento dell’Agenzia definisce i “ricavi imponibili” come “i corrispettivi percepiti, nel corso dell’anno solare, da soggetti passivi dell’imposta per l’effettuazione dei servizi digitali ovunque realizzati, limitatamente alla percentuale rappresentativa della parte di tali servizi collegata al territorio dello Stato”.
I corrispettivi rilevanti sono quelli versati dagli utenti dell’interfaccia digitale multilaterale, ad eccezione di quelli versati come corrispettivo per la cessione di beni o prestazione di servizi che costituiscono operazioni economicamente indipendenti dall’accesso e utilizzo del servizio digitale.

 

Servizi di giochi e scommesse online
Nel settore delle scommesse e dei giochi online, è importante chiarire se la base imponibile dell’ISD debba considerare i ricavi lordi o al netto di bonus e vincite.
Qualora il gestore della piattaforma operi come intermediario che permette ai giocatori di scommettere o giocare d’azzardo tra di loro, senza assumere rischi legati alle scommesse o al gioco, l’entità non è soggetta all’imposta sulle somme rappresentate dalle “giocate” stesse”. Le “giocate” sono escluse ex comma 37bis lettere a) o b).
In questo scenario, la commissione del gestore dell’interfaccia rappresenta un ricavo digitale ai sensi del comma 37 lettera b), in quanto realizzata a titolo di intermediario nelle operazioni tra utenti.
Per la determinazione del ricavo digitale in questi casi, si deve fare riferimento alla commissione trattenuta dall’intermediario, distinta a seconda della categoria di gioco. Questa commissione è generalmente la quota residua della raccolta al netto del montepremi e dell’imposta unica.
La base imponibile dell’ISD deve quindi essere decurtata delle vincite corrisposte in relazione alle singole categorie di gioco, anche quando queste superano la raccolta del singolo torneo.
Con particolare riferimento ai bonus offerti agli utenti/giocatori, non essendoci un corrispettivo percepito al momento della loro emissione, essi non contribuiscono alla formazione della commissione spettante all’intermediario.
Il mancato versamento del corrispettivo da parte degli utenti implica che i bonus, pur avendo concorso alla raccolta lorda, non sono rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile dell’ISD e andranno scomputati dalle giocate complessivamente effettuate.

Tassazione della clausola penale nei contratti di locazione con cedolare secca

L’Agenzia delle entrate affronta la questione della corretta tassazione, ai fini dell’imposta di registro, di un contratto di locazione che include una clausola penale, quando è stato scelto il regime della “cedolare secca” (Agenzia delle entrate, risposta 29 maggio 2025, n. 146).

L’Istante, unico proprietario di un immobile di categoria catastale A3 destinato esclusivamente ad abitazione civile, intende locarlo con un contratto di durata “quattro più quattro” e con opzione per il regime della “cedolare secca”, inserendo una clausola penale volontaria che prevede che, in caso di ritardata riconsegna dell’immobile alla scadenza o a seguito di recesso, il conduttore dovrà pagare:
– un importo pari al canone mensile per ogni mese di occupazione senza titolo;

– un’ulteriore somma di € 10,00 per ogni giorno di ritardo nella consegna.
Viene inoltre specificato che un deposito cauzionale, non superiore a tre mensilità dell’affitto, sarà versato in modalità tracciabile e su di esso matureranno interessi legali annuali da versare al conduttore.

 

L’Agenzia delle entrate, al riguardo, ricorda che la clausola penale è disciplinata dagli articoli 1382 e seguenti del codice civile.
L’articolo 1382 c.c. stabilisce che la clausola penale, pattuita in caso di inadempimento o ritardo, ha l’effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa e la penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno. La sua finalità è predeterminare il valore del risarcimento del danno, esonerando il creditore dall’onere di provarne l’entità.

 

Ai fini fiscali, il pagamento derivante dalla clausola penale è escluso dalla base imponibile IVA (ai sensi dell’articolo 15, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972) ed è assoggettato ad imposta di registro (ai sensi dell’articolo 40 del D.P.R. n. 131/1986 TUR) in ossequio al principio di alternatività IVA/Registro.
La clausola penale è assimilata agli atti sottoposti a condizione sospensiva di cui all’articolo 27 del TUR, pertanto è registrata con il pagamento dell’imposta in misura fissa (€ 200,00). Questo perché la clausola penale, come una condizione sospensiva, opera solo al verificarsi di un evento futuro ed incerto (il ritardo/inadempimento).
Il verificarsi dell’evento che fa sorgere l’obbligazione deve essere denunciato entro 30 giorni all’ufficio che ha registrato l’atto, ai sensi dell’articolo 19 del TUR.

 

L’opzione per la “cedolare secca” da parte del locatore determina un sistema di tassazione alternativo e agevolativo rispetto a quello ordinario.
Tale opzione esclude l’applicazione per la durata del regime di:

  • IRPEF e relative addizionali sul reddito fondiario dell’immobile locato;
  • imposta di registro dovuta sul contratto di locazione (generalmente 2% del canone pattuito);
  • imposta di bollo sul contratto di locazione (€ 16 per ogni foglio).

L’opzione per la cedolare secca consente, dunque, al locatore di applicare un regime di tassazione agevolato e semplificato.
Dell’opzione beneficia anche il conduttore, che non è più tenuto al versamento dell’imposta di registro sul contratto di locazione concluso.

In tema di clausola penale, la giurisprudenza ha affermato che la funzione coercitiva e di predeterminazione del danno della stessa implica la sua necessaria accessorietà e l’obbligo che da essa deriva non può sussistere autonomamente rispetto all’obbligazione principale.
La clausola ha lo scopo di sostenere l’esatto e tempestivo adempimento delle obbligazioni “principali” del contratto a cui accede.
Non ha una “causa propria” e distinta, ma una funzione servente e rafforzativa intrinseca di quella del contratto che la contiene.
Le clausole penali, pertanto, non possono sopravvivere autonomamente rispetto al contratto e derivano dalla stessa causa del contratto, avendo un effetto ancillare. Sono riconducibili a un unico rapporto con un’unica causa.
L’obbligazione derivante dalla clausola penale, sebbene si attivi per l’inadempimento, non si pone come una causa diversa dall’obbligazione principale, data la sua funzione ripristinatoria e deterrente-coercitiva.

 

In forza dell’opzione per la “cedolare secca”, dunque, l’imposta di registro ordinaria sul contratto di locazione non è dovuta.
Di conseguenza, la clausola penale, essendo accessoria al contratto di locazione e non autonoma, segue il regime fiscale del contratto principale. Pertanto, se il contratto di locazione è assoggettato a “cedolare secca” e quindi esente da imposta di registro, anche la clausola penale in esso contenuta non sarà soggetta autonomamente a tale imposta.