Fisco: istruzioni operative in materia di prezzi di trasferimento

Fornite istruzioni operative in merito alla corretta interpretazione della nozione di “intervallo di libera concorrenza” (Agenzia delle entrate – Circolare 24 maggio 2022, n. 16/E).

La corretta applicazione del metodo più appropriato per la determinazione dei prezzi di trasferimento può portare a ottenere anziché un unico valore, un intervallo di valori tutti conformi al principio di libera concorrenza.
In questi casi è possibile ricorrere all’intera gamma di valori all’interno dell’intervallo di libera concorrenza (cd. “full range”) se tutte le operazioni individuate nell’intervallo sono parimenti comparabili.
Se, invece, alcune delle transazioni comprese nell’intervallo dovessero presentare difetti di comparabilità che non possono essere identificati o quantificati in modo affidabile e, quindi, rettificati, è preferibile l’utilizzo di “metodi statistici” (al fine di rafforzarne l’affidabilità) e di un valore compreso nell’intervallo ristretto. Il ricorso, invece, ad un valore il più possibile centrale all’interno dell’intervallo (anche al fine di minimizzare il rischio di errore dovuto alla presenza di tali difetti) deve essere limitato ai casi in cui l’intervallo non comprende valori caratterizzati da sufficiente grado di comparabilità neppure per considerare affidabile qualsiasi punto compreso nell’intero intervallo ristretto tramite strumenti statistici e deve, in ogni caso, essere specificamente motivato.
Pertanto, sarà cura degli Uffici far ricorso al “full range” ai fini della individuazione dell’intervallo di libera concorrenza soltanto in quei casi in cui sia ravvisabile una perfetta comparabilità di tutti i soggetti del set con la “tested party”.
In conclusione, nel ricordare nuovamente che secondo le Linee Guida OCSE l’individuazione di un insieme di valori potrebbe essere sintomatico del fatto che l’applicazione del principio di libera concorrenza consente in determinate circostanze di pervenire unicamente a un’approssimazione delle condizioni che sarebbero state stabilite tra imprese indipendenti, l’Agenzia raccomanda di argomentare puntualmente le rettifiche che comportano l’individuazione del punto che soddisfa maggiormente il principio di libera concorrenza all’interno dell’intervallo.

 

Transferred employees: rimborso spese non tassabile per l’acquisto di tablet scolastici

Il rimborso da parte del datore di lavoro delle spese sostenute dai dipendenti che rientrano nella categoria dei ” transferred employees” per l’acquisto di laptop/tablet non costituisce reddito di lavoro dipendente (Agenzia delle entrate – Risposta 24 maggio 2022, n. 294)

La società istante al fine di sostenere i dipendenti trasferiti in Paesi stranieri (cd. “transferred employees”) con figli in età scolare, ha intenzione di introdurre a favore di tale categoria di lavoratori la possibilità di ottenere il rimborso delle seguenti spese sostenute a favore dei figli iscritti in istituti scolastici:
– acquisto di laptop/tablet come parte integrante del materiale didattico;
– contributo per il test d’ingresso il cui superamento è condizione per l’ammissione alla scuola.
La Società istante, in qualità di sostituto d’imposta, chiede conferma che il rimborso, delle spese per l’acquisto di laptop/ tablet e per il test d’ingresso sostenute dai propri dipendenti appartenenti alla categoria dei “transferred employees” per la frequenza degli istituti scolastici da parte dei propri figli, non concorra alla formazione del reddito da lavoro dipendente.
Per il Fisco il rimborso da parte del datore di lavoro istante delle spese sostenute dai dipendenti che rientrano nella categoria dei ” transferred employees”, per l’acquisto di laptop/tablet non costituisce reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 51, comma 2, lettera f-bis), del Tuir.
Per quanto riguarda il rimborso dell’eventuale costo di iscrizione per il sostenimento di un test d’ingresso, il cui superamento è condizione per iscrizione all’istituto scolastico, si ritiene che lo stesso non generi reddito di lavoro dipendente ai sensi della citata disposizione, in quanto possa rientrare tra le spese sostenute per la frequenza scolastica.
Il presente parere viene reso dall’Agenzia delle entrate sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto e nel presupposto che il dipendente che riceve le predette somme sia residente fiscalmente in Italia e come tale tenuto ad assolvere le imposte in Italia nell’anno in cui riceve le medesime somme.

Violazione degli obblighi di comunicazione al Sistema tessera sanitaria

Per l’omessa, errata, tardiva trasmissione al Sistema tessera sanitaria dei dati sanitari, ai fini della precompilata, è prevista la sanzione di 100 euro per ogni singolo documento di spesa non inviato o inviato irregolarmente, a nulla rilevando il mezzo di trasmissione (uno o plurimi file), o il numero di soggetti cui i documenti si riferiscono. (Agenzia Entrate – risoluzione 23 maggio 2022, n. 22).

Ai sensi dell’art. 3, co. 3, D.Lgs. n. 175/2014, le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i policlinici universitari, le farmacie, pubbliche e private, i presidi di specialistica ambulatoriale, le strutture per l’erogazione delle prestazioni di assistenza protesica e di assistenza integrativa, gli altri presidi e strutture accreditati per l’erogazione dei servizi sanitari e gli iscritti all’Albo dei medici chirurghi e degli odontoiatri, devono inviare al Sistema tessera sanitaria, i dati relativi alle prestazioni sanitarie erogate nei confronti delle persone fisiche, ai fini della loro messa a disposizione dell’Agenzia delle entrate che li utilizza per l’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata.
L’art. 7, co. 1, del decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze 19 ottobre 2020, come modificato dall’art. 2 del decreto 2 febbraio 2022, ha disposto che la trasmissione dei dati  deve essere effettuata:
– entro il 8 febbraio 2021, per le spese sostenute nell’anno 2020;
– entro il 30 settembre 2021, per le spese sostenute nel primo semestre dell’anno 2021;
– entro il 8 febbraio 2022, per le spese sostenute nel secondo semestre dell’anno 2021;
– entro il 30 settembre 2022, per le spese sostenute nel primo semestre dell’anno 2022;
– entro il 31 gennaio 2023, per le spese sostenute nel secondo semestre dell’anno 2022;
– entro la fine del mese successivo alla data del documento fiscale, per le spese sostenute dal 1 ° gennaio 2023.

Al riguardo, l’inoltro dei dati di spesa può avvenire secondo tre diverse modalità:
– utilizzo di una pagina web dedicata, data entry di ogni singola spesa sul sito www.sistemats.it;
– invio di ogni singola spesa (c.d. web service sincrono);
– invio di un file zip, contenente un file xml, con uno o più documenti (c.d. web service asincrono).

In merito al trattamento sanzionatorio, l’art. 3, co. 5-bis, D.Lgs. n. 175/2014 prevede che in caso di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati si applica la sanzione di euro 100 per ogni comunicazione, con un massimo di euro 50.000. Nei casi di errata comunicazione dei dati la sanzione non si applica se la trasmissione dei dati corretti è effettuata entro i cinque giorni successivi alla scadenza, ovvero, in caso di segnalazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, entro

i cinque successivi alla segnalazione stessa. Se la comunicazione è correttamente trasmessa entro sessanta giorni dalla scadenza prevista, la sanzione è ridotta a un terzo con un massimo di euro 20.000.
Nella relazione illustrativa al D.Lgs. n. 175/2014 è stato chiarito che al fine di ottenere il rispetto del termine previsto per la trasmissione e la qualità dei dati inviati, viene prevista l’applicazione di un’apposita sanzione in misura fissa, pari a 100 euro, nei casi di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati, senza applicazione di quanto previsto dall’art. 12, D.Lgs. n. 472/1997.
Tanto premesso, tenuto conto delle diverse modalità di trasmissione dei dati delle spese sanitarie, contenuti nei documenti fiscali, nonché della volontà del legislatore di valorizzare la “reazione sanzionatoria” in caso di inadempimento, al fine di perseguire una risposta punitiva adeguata e congrua, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il concetto di “comunicazione” contenuto nella norma sanzionatoria si riferisce ad ogni singolo documento di spesa errato, omesso, o tardivamente inviato al Sistema tessera sanitaria, a nulla rilevando il mezzo di trasmissione (uno o plurimi file), o il numero i soggetti cui i documenti si riferiscono.

In altre parole, la sanzione di 100 euro si applica per ogni singolo documento di spesa, senza possibilità, per espressa previsione normativa, di applicare il cumulo giuridico di cui all’art. 12, D.Lgs. n. 472/1997.