Imposta di bollo su copie rilasciate per via telematica

Al fine di stabilire in quale misura l’imposta di bollo vada determinata e, in particolare, se possa applicarsi secondo un importo forfetario, è necessario che le copie si qualifichino come documenti informatici rilasciati ” per via telematica” secondo le disposizioni del CAD e delle relative regole tecniche. (Agenzia delle entrate – Risposta 06 aprile 2022, n. 170)

Nella fattispecie esaminata dall’Amministrazione finanziaria si rappresenta di rilasciare a chi ne faccia richiesta “copie conformi di documenti che sono stati depositati nel fascicolo in originale o in copia conforme all’originale” e si riferisce che detti documenti, qualora rilasciati in modalità cartacea, sono assoggettati al pagamento dell’imposta di bollo “come previsto alla tariffa articolo 4 n.1 allegato A del DPR n. 642/1972″ e l’imposta ” viene riscossa (…) in modalità virtuale”.
Con l’avvento della digitalizzazione dei processi e dei fascicoli è stato introdotto il fascicolo digitale in sostituzione di quello cartaceo che è costituito da documenti che possono essere formati in modalità digitale o dematerializzati secondo le modalità previste dall’articolo 22 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale).
Con riferimento alla richiesta di copie di documenti contenuti in detto fascicolo, l’Ente riferisce che, per evitare affollamenti agli sportelli, gli stessi debbano essere richiesti “via PEC o mail previo pagamento delle imposte e dei diritti tramite Pago PA” e vengono trasmessi sempre via PEC o per e-mail in formato pdf al richiedente.
Ciò posto, con riferimento al rilascio delle copie conformi dei fascicoli digitali che vengono trasmesse in formato digitale via PEC o per mezzo di e-mail, l’interpellante chiede di conoscere il corretto trattamento tributario da riservare alle stesse con riferimento all’imposta di bollo.
Al riguardo, il Fisco,in generale, ritiene che l’imposta di bollo sia ” dovuta nella misura forfettaria di euro 16,00 a prescindere dalla dimensione del documento”, ai sensi del citato articolo 4, comma 1- quater della Tariffa, Parte I, allegata al d.P.R. n. 642 del 1972, per i documenti rilasciati “per via telematica anche in estratto o in copia dichiarata conforme all’originale a coloro che ne abbiano fatto richiesta” e, dunque, ” se prodotti in conformità alle linee guida” come disposto dal sopra citato articolo 23- bis del CAD e dalle regole tecniche dettate dal d.P.C.M. 13 novembre 2014, sopra menzionate.
Qualora, invece, detti documenti non posseggano tali caratteristiche, gli stessi scontano l’imposta in argomento ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della Tariffa allegata al d.P.R. n. 642 del 1972 che prevede il pagamento dell’imposta di bollo nella misura di euro 16,00 per ogni foglio.
Pertanto, al fine di stabilire in quale misura detta imposta vada determinata e, in particolare, se possa applicarsi secondo un importo forfetario, è necessario che le copie si qualifichino come documenti informatici rilasciati ” per via telematica” secondo le disposizioni del CAD e delle relative regole tecniche dettate nel d.P.C.M. del 13 novembre 2014; al riguardo, si osserva che il semplice invio di un documento in formato “pdf” a mezzo di posta elettronica non può ritenersi tale.

Il decreto sull”attività ispettiva imprese sociali

Con il comunicato del 5 aprile 2022, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali rende noto che è stato il DM 54 relativo all’attività ispettiva sulle imprese sociali, in attesa di pubblicazione.

In particolare, il provvedimento determina:
– la disciplina delle attività di controllo volte a verificare il rispetto, da parte delle imprese sociali, delle disposizioni di cui al Dlgs 3 luglio 2017, n. 112 e del contributo a carico delle medesime per le spese relative al sistema di vigilanza;
– l’individuazione di criteri, requisiti e procedure per il riconoscimento degli enti associativi ai fini dell’esercizio dell’attività ispettiva;
– le forme di vigilanza da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Destinatari dei controlli sono gli enti in possesso della qualifica di impresa sociale, compresi quelli in scioglimento volontario o in concordato preventivo, a eccezione di quelli sottoposti alla gestione commissariale o alle altre procedure concorsuali. Il Decreto chiarisce inoltre le modalità del controllo ordinario eseguito dal Ministero, a cui l’impresa sociale è soggetta almeno una volta all’anno. Per le ispezioni straordinarie invece, le funzioni ispettive sono demandate all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, salvo quanto disposto all’art. 1, comma 4, del Decreto, secondo cui nella Regione Sicilia e nelle Province Autonome di Trento e Bolzano, il Ministero provvede alla sottoscrizione di appositi accordi o protocolli d’intesa con le Amministrazioni competenti, al fine di garantire l’uniforme svolgimento dell’attività. Infine, il provvedimento precisa che la vigilanza sulle imprese sociali costituite in forma di società cooperativa rimane attribuita al Ministero dello Sviluppo Economico, ai sensi del Dlgs 2 agosto 2002, n. 220.

 

“Tovagliometro” valido ai fini dell’accertamento

La Corte di cassazione ha ribadito l’idoneità del riferimento ai tovaglioli utilizzati da un ristorante al fine della ricostruzione induttiva del reddito dell’impresa (Corte di cassazione – ordinanza 31 marzo 2022 n. 10388).

L’accertamento con metodo analitico induttivo, con il quale l’Ufficio finanziario procede alla rettifica di componenti reddituali, è consentito ai sensi dell’art. 39 co. 1, lett. d), D.P.R. n. 600/1973, pure in presenza di contabilità formalmente tenuta, in quanto la disposizione presuppone scritture regolarmente tenute, che tuttavia appaiano contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e della fedeltà della contabilità esaminata, sicché essa possa essere considerata, nel suo complesso inattendibile.
Nel caso di specie l’Ufficio aveva contestato la presunzione di ricavi non dichiarati derivante dal calcolo dei tovaglioli utilizzati dall’attività del ristorante sulla constatazione della irragionevole esiguità del reddito dichiarato e della non congruità dei ricavi al numero dei tovaglioli utilizzati.
La complessiva inattendibilità della contabilità aziendale, desumibile dai rilievi suesposti, era astrattamente idonea a legittimare l’accertamento induttivo, espletato dall’Ufficio sulla base dei criteri già approvati da questa Corte in occasione di altre pronunce. In particolare, in tema di accertamento dei redditi d’impresa, con riguardo ad un’attività di ristorazione la Corte ha affermato che, una volta calcolata la quantità normale di materie prime necessarie per la preparazione dei pasti, è ragionevole presumere che ne sia stato servito un numero pari al complesso dei generi alimentari acquistati, diviso per le quantità di essi occorrenti per ciascun pasto e che la mancata registrazione di consistenti ricavi sulla base dei piatti e delle bevande vendute in determinati anni, legittima l’ufficio finanziario a procedere all’accertamento ai sensi dell’art. 39, co. 2, lett. d), D.P.R. n. 600/1973, trattandosi di omissioni e falsità che per il loro numero e gravità minano la credibilità dell’intera documentazione contabile.
Questa Corte ha altresì affermato la legittimità dell’accertamento nei confronti di un ristorante in cui l’ufficio che ha dedotto il reddito dalla quantità di materie prime (carne e pesce) acquistata o dal numero di tovaglioli lavati.